Importanti chiarimenti dall’INPS in tema di licenziamenti

Iniziano ad essere emanati i primi provvedimenti a chiarimento delle disposizioni entrate in vigore con il c.d. Decreto Rilancio: tuttavia, non sempre i chiarimenti rendono più agevole la comprensione delle già complicate norme emergenziali.

Con il Messaggio n. 2261 emanato oggi, 1° Giugno 2020 (e disponibile qui) la Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali dell’INPS ha inteso fornire delucidazioni in merito all’art. 46 del Decreto-Legge 17 Marzo 2020, n. 18 (c.d. «Cura Italia») convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 Aprile 2020, n. 27 e successivamente modificato dall’art. 80 del Decreto-Legge 19 Maggio 2020, n. 34 (c.d. «Rilancio»).

Come noto, le suddette disposizioni riguardano i divieti in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo, che erano stati in una prima fase imposti per un periodo di 60 giorni ma che il recente Decreto Rilancio ha esteso per cinque mesi a decorrere dalla data del 17 Marzo 2020, di entrata in vigore del citato Decreto-Legge n. 18/2020.

Pertanto, alla luce della suddetta disposizione, oggi la situazione è la seguente:

1. per il periodo di cinque mesi dal 17 Marzo 2020, l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della Legge 23 Luglio 1991, n. 223 (c.d. licenziamenti collettivi) è precluso e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 Febbraio 2020;
2. il medesimo art. 46, come modificato dal Decreto Rilancio, prevede altresì che sino alla scadenza del suddetto termine di cinque mesi il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15 Luglio 1966, n. 604 (c.d. licenziamenti individuali) e che sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all'articolo 7 della medesima legge;
3. il Decreto Rilancio ha introdotto, infine, all’art. 46 un nuovo comma “1-bis” il quale dispone che il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 Febbraio 2020 al 17 Marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo può, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 18, comma 10, della Legge n. 300/1970 (ossia dello Statuto dei Lavoratori), revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di ammortizzatori sociali di cui agli artt. da 19 a 22 del Decreto Cura Italia, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intenderà ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.

L’intero impianto di cui all’art. 46 ha suscitato notevoli discussioni (in primis, per la sua tenuta sotto un profilo costituzionale) e ha determinato l’interessamento anche dell’INPS per la gestione delle sempre crescenti richieste di chiarimento per quanto riguarda la concessione dei trattamenti di disoccupazione in caso di licenziamento durante il “periodo proibito”.

Orbene, con l’importante Messaggio n. 2261 emanato oggi, l’INPS ha esaminato la tematica della possibilità di accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI da parte dei lavoratori che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro con la causale di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonostante il divieto posto dal Legislatore nella richiamata disposizione normativa.

In ordine alla possibilità di procedere all’accoglimento delle domande di indennità NASpI per i licenziamenti emanati comunque durante il periodo di vigenza del divieto, l’INPS ha formulato una apposita richiesta di parere all’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che si è pronunciato nei termini che seguono:

1. in primo luogo, è stato osservato che l’indennità di disoccupazione NASpI è una prestazione riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, e che pertanto non rileva, a tal fine, il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo - intimato da datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto - atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al Giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore;
2. in ragione di ciò, è possibile procedere, qualora sussistano tutti i requisiti legislativamente previsti, all’accoglimento delle domande di indennità di disoccupazione NASpI presentate dai lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di licenziamento intimato anche in data successiva al 17 Marzo 2020, data di entrata in vigore della richiamata disposizione di cui al Decreto Cura Italia;
3. tuttavia, che l’erogazione della indennità NASpI a favore dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo – nonostante il divieto posto dall’art. 46 del Decreto Cura Italia – sarà effettuata da parte dell’INPS con riserva di ripetizione di quanto erogato nella ipotesi in cui il lavoratore medesimo, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro;
4. in tale ultima ipotesi, pertanto, il lavoratore è tenuto a comunicare all’INPS, attraverso il modello NASpI-Com, l’esito del contenzioso medesimo ai fini della restituzione di quanto erogato e non dovuto per effetto del licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione;
5. inoltre, potrebbe anche verificarsi che – in attuazione della sopra richiamata disposizione di cui al comma 1-bis dell’articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020 - il datore di lavoro revochi il recesso (il licenziamento per giustificato motivo oggettivo) chiedendo contestualmente per il lavoratore riassunto il trattamento di cassa integrazione salariale a partire dalla data di efficacia del precedente licenziamento. In tale ipotesi, quanto eventualmente già erogato a titolo di indennità NASpI sarà oggetto di recupero da parte dell’Istituto, in considerazione della tutela della cassa integrazione che verrà riconosciuta al lavoratore in attuazione della citata disposizione di cui al comma 1-bis.

Insomma, come si può vedere dai punti che precedono le ipotesi sono molteplici, e molteplici sono gli obblighi tra le parti (incluso un improbabile obbligo del dipendente che, a distanza di mesi se non di anni, dovrà tenere informato l’INPS dell’esito di un contenzioso, che come noto consta di ben quattro fasi e gradi di giudizio che possono avere esiti molto diversi tra loro e durare un tempo incommensurabile sino al passaggio in giudicato della sentenza definitiva).

Vedremo come, in termini pratici, tale Messaggio dell’INPS troverà applicazione.