Responsabilità 231 e Covid. Le prime “indicazioni operative” di Confindustria

Nei giorni scorsi Confindustria ha emanato un position paper (disponibile qui), di indubbia rilevanza, con il quale ha fornito alcune prime indicazioni alle imprese su come gestire i rischi connessi all’emergenza coronavirus, nella peculiare prospettiva di prevenire una responsabilità delle imprese stesse – e non soltanto dei loro rappresentanti – ai sensi del D.lgs. 231/2001.

Tale documento appare dunque come un addendum alle linee guida che Confindustria periodicamente pubblica in tema di responsabilità da reato dell’ente, e contiene alcune indicazioni che rappresenteranno senz’altro un punto di riferimento imprescindibile nella gestione, in prospettiva 231, delle sfide che tutte le imprese saranno chiamate ad affrontare anche per la Fase 2.

In particolare, come si vedrà immediatamente più in dettaglio, Confindustria ritiene che il Covid-19 comporti per le imprese sia rischi definiti come “indiretti”, sia rischi “diretti”, che vengono trattati separatamente nel position paper.

1. I rischi “indiretti”

Confindustria allarga innanzitutto il proprio sguardo agli effetti che il Covid-19 ha determinato nel tessuto economico ed imprenditoriale del nostro Paese, evidenziando come il Covid-19 possa aumentare il rischio di commissione non soltanto di reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – che è immediatamente evidente –, ma anche di altri reati, forse non altrettanto evidenti, che potrebbero tuttavia rappresentare la possibile espressione patologica di un periodo di crisi economica.

Si tratta di una prospettiva nuova ed indubbiamente interessante, che prende le mosse dall’esame del quadro macro-economico attuale, sul quale – nella condivisibile prospettiva di Confindustria – potrebbe allignare all’interno delle imprese la tentazione di ricorrere a scorciatoie illecite come soluzione alle difficoltà che tutte le imprese, in misura più o meno intensa, stanno sperimentando.

Confindustria ricorda così che il Covid-19 potrebbe aumentare il rischio di commissione dei reati di:

• corruzione, nella misura in cui le imprese hanno la necessità di ricorrere ad ammortizzatori sociali e di interfacciarsi sempre più spesso con enti pubblici (Regioni, Prefettura, Polizia, Ispettori etc.);
• corruzione tra privati, trovandosi le imprese sotto pressione per la difficoltà di recuperare il fatturato perso nei mesi di lockdown;
• caporalato e impiego di stranieri irregolari, al fine di risparmiare sul costo del lavoro;
• reati contro l’industria e il commercio, con riferimento alla necessità di approvvigionamento di determinati beni indispensabili per la prosecuzione dell’attività;
• ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, tenuto conto delle crescenti difficoltà finanziarie;
• reati di criminalità organizzata, con riferimento al rischio di infiltrazioni criminali nella compagine societaria o il ricorso a subappalti a basso costo;
• reati informatici e violazioni in materia di diritto d’autore, tenuto conto del maggior utilizzo di strumenti e soluzioni informatiche, anche in ragione del maggior ricorso allo smart working.

In proposito, Confindustria ritiene che le imprese che abbiano già adottato un Modello di organizzazione e di gestione finalizzato anche alla prevenzione di queste tipologie di reati non siano necessariamente chiamate ad un suo aggiornamento, ma debbano:

• valutare l’opportunità di un adeguamento e rafforzamento delle procedure, per “allinearle ai diversi contesti organizzativi determinatisi in occasione del COVID-19”;
• rafforzare i controlli previsti nel Modello, anche attraverso una più intensa attività dell’Organismo di Vigilanza.

2. I rischi “diretti”

Oltre ai rischi c.d. “indiretti”, il Covid-19 rappresenta di per sé un rischio “diretto” per le imprese, dal momento che episodi di contagio riconducibili all’attività lavorativa espongono le imprese al rischio di essere chiamate a rispondere ai sensi del D.lgs. 231/2001 per i delitti di lesioni personali colpose e – nei casi più gravi – di omicidio colposo.

Confindustria ricorda dunque che, al fine di contenere tale rischio, è indispensabile che vi sia un efficace sistema di gestione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza, e che tale complesso di presidi sia parte integrante del Modello organizzativo.

Sulla questione se l’impresa già dotata di un Modello organizzativo, che includa anche i rischi legati alla salute e sicurezza sul lavoro, debba provvedere al suo aggiornamento oppure no, il position paper conclude che:

• se il Modello organizzativo non descrive direttamente i presidi e i protocolli adottati dall’impresa, ma rinvia al sistema di gestione in materia di sicurezza adottato dall’impresa, non sarà necessario aggiornare il Modello, dal momento che i nuovi protocolli introdotti per fronteggiare il rischio Covid-19 entreranno a far parte di tale sistema di gestione, e dunque indirettamente nel Modello organizzativo;
• se il Modello organizzativo adottato declina invece puntualmente al suo interno i presidi e protocolli specifici in materia di salute e sicurezza, Confindustria consiglia viceversa di valutare la predisposizione di un addendum al Modello, finalizzato a descrivere le misure messe in campo dalla società per fronteggiare questo ulteriore rischio a cui sono esposti i lavoratori.

In merito alla “esigibilità” delle misure richieste alle imprese, e che dovrebbero confluire nel Modello organizzativo, la posizione espressa da Confindustria è nel senso che, data l’incertezza scientifica che ancora avvolge lo stesso Covid-19, i suoi effetti e l’efficacia delle misure di contrasto, le imprese debbano necessariamente ed esclusivamente attenersi ai Protocolli emanati dallo Stato e dalle Autorità pubbliche, con la conseguenza che “il margine di valutazione e determinazione dei datori di lavoro appare limitato alla sola attuazione scrupolosa delle misure delle Autorità”.

Secondo questo orientamento, dunque, i Protocolli emanati nel corso del tempo dalle Autorità pubbliche rappresentano al contempo il fondamento delle regole cautelari imposte ai datori di lavoro, ma anche il limite alla loro responsabilità, tutte le volte in cui l’imprenditore dimostri di essersi scrupolosamente attenuto a tali regole.

Confindustria, a sostegno di questa tesi, richiama del resto il recentissimo art. 29-bis del D.L. 23/2020, convertito in legge lo scorso 5 giugno, nel quale il legislatore ha in estrema sintesi affermato che i datori di lavoro pubblici e privati “adempiono all’articolo 2087 del codice civile” mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei protocolli e nelle misure emanante a partire dal protocollo condiviso del 24 aprile 2020.

In merito all’attuazione dei protocolli, Confindustria ricorda la necessità di costituire un Comitato interno per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo e consiglia:

• che vi sia un’adeguata reportistica dell’attività svolta dall’impresa e dei controlli effettuati;
• che sia predisposto un protocollo aziendale specifico per la gestione dei rischi connessi al Covid-19, che varrà anche come protocollo per la prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza ai sensi del D.lgs. 231/2001;
• che vi sia un’adeguata documentabilità (anche attraverso la predisposizione di verbali e di registri) dell’attività svolta.

Quanto infine all’attività dell’Organismo di Vigilanza (OdV), Confindustria consiglia:

• che vi sia un rafforzamento dei controlli da parte dell’OdV;
• che l’OdV interloquisca con maggior frequenza con i vertici dell’impresa e con il Comitato costituito per la gestione del rischio Covid-19, affinché sia costantemente informato delle misure intraprese;
• che vengano rafforzati i flussi informativi, eventualmente organizzando “riunioni periodiche tra l’OdV e il Comitato”, affinché l’OdV sia messo nelle condizioni di valutare l’adeguatezza delle misure adottate.

Infine, anche per l’OdV si suggerisce di predisporre una reportistica di tutta l’attività di controllo svolta, da documentare eventualmente anche mediante la predisposizione di una check-list sulle misure di contenimento da “fare oggetto di adeguata informativa tra i diversi soggetti coinvolti”.