Decreto Legge n. 99 del 30 Giugno 2021: nuove misure in materia di tutela del lavoro e divieto di licenziamento

È stato pubblicato ieri sera, sulla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 30 Giugno 2021, il Decreto-Legge 30 Giugno 2021, n. 99 (c.d. «Decreto Lavoro e Imprese») recante «Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese» (disponibile qui).

Il nuovo Decreto, in vigore dal giorno stesso della sua pubblicazione (30 Giugno 2021) e approvato dal Consiglio dei Ministri dopo giorni di confronto con le Parti Sociali e dopo la sottoscrizione di una «presa d’atto» tra Governo e Organizzazioni Sindacali in merito alla necessità dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali nonché di una riforma organica di tali ammortizzatori, introduce importati novità in materia di lavoro, prevedendo la proroga fino al 31 Ottobre 2021 degli ammortizzatori sociali emergenziali nonché del divieto di licenziamento per il settore della moda e del tessile allargato (codici ATECO 13, 14, 15).

Invece, per i settori nei quali è superato (a partire da oggi, 1° Luglio 2021) il divieto di licenziamento, il Decreto stabilisce che le imprese, che non possono fruire dei trattamenti di integrazione salariale di cui alla disciplina ordinaria, possano farlo in deroga per 13 settimane fino al 31 Dicembre 2021 con conseguente divieto di licenziare, qualora se ne avvalgano.

Vediamo nel dettaglio le principali novità.

1. Integrazione salariale emergenziale e divieto di licenziamento nel settore della moda e del tessile allargato

Il nuovo Decreto prevede anzitutto la proroga dei trattamenti di integrazione salariale emergenziale per il settore della moda e del tessile allargato. In particolare, l’art. 4, comma 2 prevede che le aziende rientranti nei settori delle:

• industrie tessili (codice ATECO 13);
• confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia (codice ATECO 14);
• fabbricazione di articoli in pelle e simili (codice ATECO 15);

che, a decorrere dal 1° Luglio 2021, sospendono o riducono l’attività lavorativa, possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del nuovo Decreto (30 Giugno 2021), domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale di cui agli artt. 19 e 20 del Decreto Cura Italia (D.L. 17 Marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 Aprile 2020, n. 27) per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° Luglio e il 31 Ottobre 2021. Trattamento questo esente da contributo addizionale.

Per le predette aziende è prevista inoltre la proroga del divieto di licenziamento fino al 31 Ottobre 2021, divieto che secondo una prima interpretazione ministeriale sembrerebbe operare a prescindere dalla fruizione degli ammortizzatori sociali. Infatti, il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 26 del 30 Giugno 2021 precisa che il nuovo provvedimento introduce «la proroga fino al 31 ottobre del divieto di licenziamento nel settore della moda e del tessile allargato (codici ATECO 13, 14, 15)».

Sorgono tuttavia (ed ancora) alcuni dubbi interpretativi in merito alla tecnica redazionale della nuova norma che prevede l’ulteriore estensione del divieto di licenziamento nel settore della moda e del tessile. Infatti -conformemente a quanto già previsto per i datori di lavoro che possono accedere ai trattamenti emergenziali di Assegno ordinario FIS, di Cassa integrazione in deroga (CIGD), nonché di Cassa integrazione salariale operai agricolo (CISOA) fino al 31 Ottobre 2021- il tenore letterale della disposizione (art. 4, comma 4 del Decreto Lavoro e Imprese) riferisce l’estensione del blocco per l’ulteriore periodo dal 1° Luglio al 31 Ottobre 2021 ai «datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili» che «sospendono o riducono l’attività lavorativa» potendo presentare «domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale». La norma, dunque, sembrerebbe fare menzione delle aziende che sospendono o riducono l’attività lavorativa (ossia ad un comportamento attivo delle aziende interessate), interpretazione letterale che porterebbe a presupporre che coloro che non richiedano i trattamenti di integrazione salariale non siano soggetti all’estensione del divieto.

Quanto all’ambito di estensione, il divieto di licenziamento conferma le già note preclusioni:

• divieto di procedure di licenziamento collettivo: resterà precluso ai datori di lavoro l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4, 5 e 24 della Legge 23 Luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 Febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto;
• divieto di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo: resterà preclusa altresì ai datori di lavoro, indipendentemente dal numero di dipendenti, la facoltà di intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della Legge 15 Luglio 1966, n. 604. Resteranno sospese le procedure in corso davanti all’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Vengono altresì confermate le consuete ipotesi eccezionali nelle quali sarà possibile derogare al predetto blocco dei licenziamenti.

2. Ulteriore trattamento di cassa integrazione guadagni

Anche al fine di fronteggiare situazioni di particolare difficoltà economica, il nuovo Decreto introduce un nuovo e ulteriore trattamento di cassa integrazione guadagni per le imprese che non possono fruire degli ammortizzatori sociali di cui al Decreto Legislativo 14 Settembre 2015, n. 148.

In particolare, il Decreto Lavoro e Imprese inserisce nel D.L. 25 Maggio 2021, n. 73 (c.d. «Decreto Sostegni-bis») l’art. 40-bis, secondo il quale, ai datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale di cui alla disciplina ordinaria prevista dal D.Lgs. n. 148/2015, è riconosciuto un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga agli artt. 4, 5, 12 e 22 del D.Lgs. n. 148/2015, per un massimo di 13 settimane fruibili fino al 31 Dicembre 2021.

Per i datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale di cui sopra rimarrà in vigore il divieto di licenziamento per la durata del predetto trattamento di integrazione salariale, fruito entro il 31 Dicembre 2021.

3. Ulteriori misure in materia di rapporto di lavoro

Tra le ulteriori misure previste dal Decreto Lavoro e Imprese e finalizzate a contrastare gli effetti dell’emergenza COVID-19, si segnalo inoltre le seguenti:

• l’istituzione di un Fondo per il finanziamento delle attività di formazione dei lavoratori in Cassa integrazione guadagni (CIG) e Nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASPI) (art. 4, comma 11);
• il rifinanziamento della c.d. “Nuova Sabatini”, finalizzato al sostegno di investimenti produttivi delle piccole e medie imprese per acquisto di beni strumentali.

4. Avviso comune tra Governo e Parti Sociali

Degno di nota è, infine, l’avviso comune di «presa d’atto» firmato tra Governo e Parti Sociali all’esito del lungo dibattito sul superamento del blocco dei licenziamenti il 29 Giugno 2021 (citato all’inizio dell’articolo).

Nell’avviso comune si legge quanto segue:

«Le parti sociali alla luce della soluzione proposta dal Governo sul superamento del blocco dei licenziamenti, si impegnano a raccomandare l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro. Auspicano e si impegnano, sulla base di principi condivisi, ad una pronta e rapida conclusione della riforma degli ammortizzatori sociali, all'avvio delle politiche attive e dei processi di formazione permanente e continua».

Le Parti Sociali si sono dunque impegnate a raccomandare alle imprese di utilizzare tutti gli ammortizzatori sociali che la legge e il nuovo Decreto prevedono in alternativa ai licenziamenti.

Resta, invece, un “auspicio” ma non ancora un fatto, il tanto discusso tema della riforma degli ammortizzatori sociali. Riforma che, nelle prospettive di tutte le parti interessate, avrebbe dovuto auspicabilmente giungere alla fine del blocco dei licenziamenti, ma di cui ancora nulla si sa nel dettaglio.