Coronavirus: cosa sapere nella gestione dei rapporti di lavoro in 10 punti

L’emergenza causata dal coronavirus COVID-19 sta generando una serie di importanti problemi gestionali per le aziende, siano esse localizzate nella c.d. “Zona Rossa” oppure dislocate nelle altre regioni.

A tal fine, riteniamo utile illustrare il quadro normativo attuale (in corso di continuo aggiornamento) fornendo alcuni suggerimenti pratici per la gestione di questa emergenza sanitaria senza precedenti.

1. Quali sono i provvedimenti presi dal Governo per fronteggiare l’emergenza?

Ad oggi, sono stati emanati:

• l’ordinanza del 21 febbraio 2020 dal Ministero della Salute e dal Presidente della Regione Lombardia -ossia il primo provvedimento emanato dopo lo scoppio dell’emergenza- relativo ai comuni ricompresi nella cosiddetta “Zona Rossa”
• il Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6 (“Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”)
• il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 febbraio 2020 (“Disposizioni attuative del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”)
• l’ordinanza del Ministero della Salute del 23 febbraio 2020 (“Misure urgenti di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica a COVID-19”)
• il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 2020 (“Ulteriori disposizioni attuative del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”)
• il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 24 febbraio 2020 (“Sospensione dei termini per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19”)

A ciò si aggiungono le ordinanze emanate il 23 febbraio 2020 dal Ministero della Salute d’intesa con le varie Regioni in cui ad oggi sono stati riscontrati casi di contagio da COVID-19 (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e province autonome di Trento e Bolzano).

2. Cosa prevedono i suddetti provvedimenti?

I sopra citati provvedimenti prevedono una serie graduale di disposizioni a seconda della gravità e dello stato di emergenza nelle singole aree. Sotto il profilo giuslavoristico, i predetti provvedimenti prevedono:

• il divieto di allontanamento e il blocco totale delle attività lavorative nella “Zona Rossa” (rappresentata dai comuni lombardi di Bertonico, Casalpusterlengo, Castiglione d’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia e Terranova dei Passerini e dal comune veneto di Vo’) ad esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità;
• la sospensione delle attività lavorative per i lavoratori residenti o domiciliati, anche di fatto, nella “Zona Rossa”;
• l’utilizzo esteso e facilitato della modalità di lavoro agile (c.d. smart working) in tutte le regioni della “Zona Gialla” (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Liguria)

3. Quali misure sono state adottate per le aziende ad oggi?

Il Decreto-Legge 23 febbraio 2020 ha stabilito un incremento di 20 milioni di Euro nello stanziamento previsto per il Fondo per le emergenze nazionali. Ad oggi -e in attesa di un Decreto ad hoc del Ministero del Lavoro, che risulta imminente ed in corso di approvazione- questa è l’unica disposizione attuata al fine di venire incontro ai comprovati disagi operativi delle aziende. Pertanto, allo stato l’unico strumento che le imprese possono immediatamente porre in essere (in caso di blocco dell’attività lavorativa) è il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) per eventi imprevedibili non imputabili alla responsabilità dell’impresa nonché per la fattispecie di «sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori» (Decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 15 aprile 2016).

Inoltre, il Ministero delle Finanze ha previsto la temporanea sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari per le persone fisiche residenti e per le imprese aventi sede legale o operativa nel territorio dei comuni della “Zona Rossa”.

4. Cosa deve fare il datore di lavoro?

I datori di lavoro operanti all’interno della “Zona Rossa” non possono svolgere, né richiedere di svolgere, alcuna attività lavorativa (così dispone il DPCM 23 febbraio 2020). Tale disposizione è entrata in vigore il 23 febbraio 2020 ed è efficace per 14 giorni, salva diversa e successiva previsione.

Per i datori di lavoro operanti al di fuori degli 11 comuni ricompresi nella “Zona Rossa”, invece, non vi sono vincoli né divieti. Pertanto ogni iniziativa intrapresa deve essere considerata facoltativa e discrezionale da parte dell’impresa. Si suggerisce in ogni caso di inviare una comunicazione ai propri dipendenti allegando il Vademecum redatto dal Ministero della Salute sui comportamenti da seguire ai fini del contenimento del contagio nonché ricordando che, ai sensi dell’art 2 del DPCM del 23 febbraio, tutti gli individui che dal 1° febbraio siano transitati ed abbiano sostato nei comuni della “Zona Rossa” sono obbligati a comunicare tale circostanza alle autorità sanitarie (Dipartimento di prevenzione dell’ASL competente per territorio). Tale modus operandi rappresenta una buona pratica volta anche ad informare i dipendenti circa le norme comportamentali che ciascun individuo deve tenere, al fine del contenimento del contagio.

Inoltre, il DPCM del 25 febbraio 2020 ha stabilito che nelle 6 regioni della “Zona Gialla” può essere attivata la modalità di lavoro agile (smart working) in via provvisoria fino al 15 marzo 2020 ad ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza dei necessari accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore.

Infine, il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le necessarie ed opportune misure di prevenzione e protezione previste dalla legge (D. Lgs. n. 81/2008) tra le quali si suggeriscono le seguenti:

• aggiornare immediatamente la valutazione dei rischi;
• individuare, d’intesa con il Medico Competente, adeguati dispositivi di protezione individuale a seconda dei casi (ad es. installazione di erogatori di gel antibatterici, dotazione di guanti o mascherine protettive, etc.);
• individuare, sempre d’intesa con il Medico Competente, adeguate modalità di tutela soprattutto dei dipendenti esposti a particolari rischi (ad es. donne in gravidanza, soggetti immunodepressi, etc.);
• informare i dipendenti in relazione ai rischi specifici derivanti dal contagio, inviando comunicazioni periodiche di aggiornamento dello stato del contagio e dei provvedimenti adottati dal Governo in merito;
• adottare misure di contenimento degli spostamenti, laddove possibile e in misura tale da non incidere eccessivamente sull’attività produttiva (ad es. utilizzo dello smart working, riduzione delle trasferte, ricorso a teleconference call o videoconference call in luogo di incontri fisici).

5. Cosa devono fare i dipendenti?

Anzitutto i dipendenti transitati dalla “Zona Rossa” dal 1° febbraio in poi hanno l’obbligo di legge di comunicare tale circostanza alle autorità sanitarie (Dipartimento di prevenzione dell’ASL competente per territorio).

Inoltre, devono adottare nell’ambiente lavorativo (e non solo) ogni accorgimento diretto a limitare il più possibile il rischio di contagio (ad esempio seguendo scrupolosamente le misure indicate dal Ministero della Salute ed avvisando il Medico Competente in caso di situazioni sospette di contagio in azienda).

Un punto fondamentale riguarda le eventuali assenze dal lavoro per paura del contagio. Al di fuori della “Zona Rossa” ed in assenza di cause giustificanti la mancata presenza sul luogo di lavoro (ad es. malattia) una assenza determinata dal semplice “timore” di essere contagiati  non consente di riconoscere una valida giustificazione della legittimità di tale assenza e dunque una legittimità del rifiuto della prestazione lavorativa. Pertanto, in tal caso si realizza una assenza ingiustificata, passibile di eventuale provvedimento disciplinare.

6. È possibile attivare lo smart working?

Il DPCM del 25 febbraio 2020 (apportando modifiche alla prima ed incerta formulazione del DPCM del 23 febbraio) ha stabilito all’art. 2 che la modalità del lavoro agile disciplinata dagli artt. 18-23 della Legge n. 81/2017 (c.d. smart working) è applicabile in via provvisoria, fino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni di Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Liguria) e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa al di fuori di tali territori.

Tale disciplina si applica ad ogni rapporto di lavoro subordinato e anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa in vigore. La portata innovativa della disposizione emergenziale sta proprio nel fatto che lo smart working è attivabile dal datore di lavoro in maniera semplificata e con semplice comunicazione scritta al dipendente, non essendo necessario l’accordo con il dipendente stesso per tale attivazione.

Restano in ogni caso fermi:

• l’obbligo di comunicazione al dipendente in merito alle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile (ad es. orario di lavoro, obbligo di reperibilità, informativa sui rischi per la sicurezza, etc.)
• l’obbligo di comunicazione  di attivazione agli enti preposti (in tal senso, occorre predisporre un’autocertificazione nella quale siano indicati, oltre ai dati aziendali, tutti i dati del dipendente interessato -dati anagrafici, codice fiscale, mansioni e data di assunzione- e la data di inizio del lavoro agile nonché depositare l’autocertificazione in via telematica nel portale https://www.cliclavoro.gov.it.

7. Il datore di lavoro può imporre lo smart working?

Sì: come detto, ai sensi dell’art. 2 del DPCM del 25 febbraio 2020, lo smart-working può essere attuato in via provvisoria, sino al 15 marzo 2020, senza il consenso del lavoratore, da parte del datore di lavoro. Restano fermi gli obblighi di attivazione sopra visti.

8. Il lavoratore può richiedere lo smart working?

No: il DPCM del 25 febbraio 2020, chiarendo un punto incerto della precedente disposizione d’emergenza contenuta nel Decreto di due giorni prima, ha eliminato l’inciso secondo cui lo smart working era attivabile “in via automatica”, e pertanto con la nuova formulazione è chiaro che è l’impresa (tenuto conto della situazione e delle esigenze tecnico-organizzative derivanti) a poter richiedere al dipendente di accedere a questa modalità di lavoro.

9. Il datore di lavoro può misurare la febbre?

In linea generale si sconsiglia di adottare tale misura in quanto implica un trattamento di dati personali che può presentare delle criticità e richiedere l’adozione di misure specifiche. In ogni caso, tale misurazione dovrà necessariamente avvenire attraverso il Medico Competente e la struttura sanitaria di cui la società si è dotata ai fini del D.Lgs. n. 81/2008.

10. Il datore di lavoro può far compilare a dipendenti/fornitori/clienti questionari sul loro stato di salute?

Anche in questo caso, in linea generale, si sconsiglia di adottare tale misura in quanto implica un trattamento di dati personali che può presentare delle criticità e richiedere l’adozione di misure specifiche.