I criteri di scelta e la soppressione della sede nella disciplina dei licenziamenti collettivi

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la recentissima sentenza n. 1972 del 18 gennaio 2024 è tornata a fare il punto sulla delicata questione del perimetro di scelta dei lavoratori nell’ambito di un licenziamento collettivo.

La Suprema Corte, con particolare riguardo alla questione, richiamando il proprio orientamento, ha preliminarmente posto l’attenzione sul principio in virtù del quale, in tema di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, sebbene i lavoratori coinvolti nella procedura vadano individuati tenendo conto del “complesso aziendale”, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto, settore o sede territoriale ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive. Tuttavia, è necessario che queste ragioni siano coerenti con le specifiche e dettagliate indicazioni contenute nella comunicazione alle rappresentanze sindacali prevista dalla disciplinata dettata dalla Legge 223/1991 in merito alla procedura collettiva di licenziamento.

Nello specifico, il datore di lavoro, sul quale incombe l’onere di provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata, dovrà comunicare ai sindacati sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o del settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento a unità produttive vicine. Qualora nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati potrebbero al contrario essere ritenuti illegittimi per violazione dell’obbligo di puntuale indicazione delle oggettive esigenze aziendali.

La Corte di Cassazione ha ulteriormente ribadito che la determinazione dei lavoratori soggetti al provvedimento di licenziamento dovrà essere basata sugli elementi emersi durante l'esame congiunto e non potrà essere il risultato di una decisione unilaterale del datore di lavoro.

La Corte ha anche posto l'attenzione su un ulteriore aspetto rilevante in materia, evidenziando che, ai fini dell'esclusione dalla comparazione con i lavoratori di pari professionalità appartenenti alle unità produttive non coinvolte e distribuite sul territorio nazionale, non assume rilievo il fatto che il mantenimento in servizio di un lavoratore proveniente dalla sede soppressa richiederebbe il suo trasferimento in un'altra sede, con conseguente aumento dei costi e impatti sull'assetto organizzativo. Il principio sottolineato derivata dal fatto che, la Legge 223 del 1991, non contempla tra i criteri di scelta la sopravvenienza di costi aggiuntivi per il trasferimento del lavoratore o la dislocazione delle sedi.