È stato pubblicato il 24 Settembre 2022 in Gazzetta Ufficiale il Decreto-Legge del 23 Settembre 2022 n. 144, noto come Decreto Aiuti Ter (disponibile qui). Il Decreto modifica in maniera significativa le procedure di delocalizzazione o cessione di attività di imprese non vertenti in situazioni di crisi (e dunque, di riflesso, le norme sui licenziamenti collettivi), già previste dai commi dal 224 al 237 bis della Legge di Bilancio 2022 del 30 Dicembre 2021, n. 234.
In particolare, il citato Decreto Aiuti Ter impone vincoli più stringenti ai datori di lavoro che intendano procedere ad una massiva operazione di riduzione del personale.
Ricordiamo che tali disposizioni non si applicano a tutti i datori di lavoro, bensì sono a quelle aziende che, cumulativamente:
Di seguito riportiamo le principali novità introdotte dal Decreto Aiuti Ter (art. 37).
Il datore di lavoro che intenda licenziare un numero di lavoratori non inferiore a 50 è tenuto a dare comunicazione per iscritto almeno 90 giorni prima dell’avvio della formale procedura di licenziamento collettivo ad una serie di soggetti, e così in particolare:
La comunicazione può essere effettuata anche tramite l’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce, come di prassi.
Tale comunicazione deve indicare:
Entro 60 giorni dalla predetta comunicazione il datore di lavoro deve elaborare un piano per contenere le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, da presentare alle rappresentanze sindacali, alle regioni interessate ai Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico nonché all’ANPAL, il quale deve contenere:
Il predetto piano deve anche avere una durata predefinita, ossia non deve superare un orizzonte temporale di 12 mesi.
Dopo aver presentato tale piano, è prevista l’apertura delle discussioni con i sindacati e le istituzioni.
L’elemento di novità introdotto dal Decreto Aiuti Ter risiede nell’estensione dei tempi della procedura scaturenti dalla comunicazione del predetto piano e dunque dell’esame congiunto con le organizzazioni sindacali che viene infatti spostata da 30 a 120 giorni, con il fine di incrementare le possibilità di raggiungimento di un accordo.
Ciò tuttavia appare paradossale, in quanto il predetto termine di 30 giorni previsto dalla Legge di Bilancio 2022 (termine che, peraltro, appariva già di per sé troppo breve) è stato quadruplicato senza tenere conto della cronologia prevista dall’impianto normativo nel suo complesso: infatti, prima la norma prevedeva (come detto sopra) che la pre-procedura sindacale andasse avviata «almeno 90 giorni prima» dell’avvio della formale procedura di licenziamento collettivo ex Legge n. 223/1991 e che «entro 60 giorni» dall’avvio della pre-procedura dovesse essere presentato ai sindacati il piano per ridurre gli esuberi: pertanto, era logico che, giocoforza, restassero solo 30 giorni per la consultazione sindacale della pre-procedura (ossia: 90 – 60 = 30 giorni).
Con la modifica normativa, che ha spostato l’ultimo termine da 30 a 120 giorni, evidentemente “i conti non tornano”: infatti, pur non essendo stato spostato il termine iniziale di 90 giorni entro cui avviare (e concludere) la pre-procedura, è logico che la quadruplicazione dell’ultimo termine (per la consultazione sindacale della pre-procedura) porta ad una implicita durata della pre-procedura sino a 180 giorni (ossia 60 per la presentazione del piano e 120 per la relativa consultazione).
Il che dilata in modo evidente (ed incongruente rispetto al testo normativo) i tempi della consultazione sindacale. Infatti, in questo modo i tempi complessivi per il completamento della procedura di licenziamento collettivo (includendo anche i tempi canonici di procedura vera e propria, stabiliti da tempo dalla Legge n. 223/1991) possono arrivare fino a 255 giorni (ossia 60 gg. + 120 gg. + 75 gg.), durante i quali il datore di lavoro è comunque tenuto a corrispondere le retribuzioni ed a versare gli oneri contributivi.
In caso di accordo sindacale, comunque, si procederà alla sottoscrizione del piano, a seguito del quale il datore di lavoro assumerà l'impegno di realizzare le azioni in esso contenute nei tempi e con le modalità programmate. In tal caso, il datore di lavoro, fermo l’obbligo di comunicare mensilmente ai soggetti sopra indicati lo stato di attuazione del piano dando evidenza del rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione nonché dei risultati delle azioni intraprese, sarà libero di avviare la procedura di licenziamento collettivo nei termini definiti dall’accordo sindacale.
Fino all’eventuale raggiungimento dell’accordo e la relativa sottoscrizione del piano, invece, il datore di lavoro non potrà procedere né con licenziamenti collettivi né individuali per giustificato motivo oggettivo.
Al fine di scoraggiare le procedure che si concludano senza un accordo tra le parti, il contributo previsto per i licenziamenti collettivi viene incrementato in caso di mancato accordo sindacale del 500% (contrariamente alla precedente maggiorazione, pari al 50%).
È rimasta invece invariata la sanzione prevista per il più grave caso di mancata presentazione del piano.
Infine, è imposto un obbligo di restituzione di qualsiasi tipo di sussidio pubblico, nel caso in cui la cessazione di attività comporti una riduzione di personale superiore al 40%: la restituzione avverrà in maniera proporzionale alla percentuale di riduzione del personale.
Il Decreto Aiuti Ter introduce altresì un nuovo comma alla Legge di Bilancio per il 2022 (comma 237 bis) con cui è previsto che sono comunque fatte salve le eventuali previsioni di maggior favore per i lavoratori sancite dai contratti collettivi.